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Intervista a Paolo Cacciari

L'incontro di Venezia Decrescita: se non ora quando? ci darà alcune risposte sul futuro e ci porrà altri interrogativi; proviamo ad anticipare qualche tema intervistando uno degli organizzatori della conferenza, Paolo Cacciari che ha risposto a tre domande in preparazione delle giornate di dibattito che avremo a Settembre. 

 

  1. SFIDE. Questa conferenza attesta in Italia una certa sensibilità su queste tematiche che la
    interessano. Ci si ferma a riflettere sul cambiamento a distanza di 10 anni. Pensando agli
    argomenti che lei porterà alla nostra attenzione durante le giornate della conferenza, quali sfide
    e quali paradossi della società la preoccupano di più? Quale messaggio per le future
    generazioni possiamo lasciare in eredità.

La “tre giorni” di Venezia sarà un’opera collettiva. Speriamo di coinvolgere tante voci che raccontino il “pluriverso” di idee e di esperienze in corso utili a disegnare una società liberata dagli incubi che ci assillano. Ad iniziare dalla guerra. Dal dramma della risalita della guerra nel cuore dell’Europa. C’è un filo nero che lega le guerre tra le grandi potenze per imporre la propria egemonia geopolitica e la guerra economica per l’accaparramento e lo sfruttamento delle risorse naturali. Le guerre sono la prosecuzione con altri mezzi della competizione economica. A Venezia discuteremo anche di questo: decrescita e nonviolenza, decrescita e vera cooperazione internazionale, decrescita e condivisione equa delle risorse della Terra.

  1. FATTORI CRITICI. Venezia, per il suo ruolo millenario di scambio e incontro di culture
    diverse, rappresenta una parte della storia del Mediterraneo e della società occidentale in
    generale; e proprio in questo luogo la Conferenza s'interroga su nuovi modi di frenare la corsa
    disperata della crescita e chiediamo un momento di riflessione per ripensare vari aspetti della
    società contemporanea. Come passare dalla riflessione all'azione? Da dove deve partire,
    secondo lei, la rivoluzione? Quali saranno i fattori critici per il successo di un cambiamento reale
    e allargato a tutta la società.

Ahimè! Venezia è stata anche la Dominante sui mari, potenza militare conquistatrice e predatoria. Ma in un capitalismo che allora era ancora prevalentemente mercantile e che, facendo leva sulle “ragioni di scambio” tra le mercanzie, teneva da conto le relazioni tra i popoli e rispettava le diverse culture. Certo oggi ripensare al Mediterraneo come grande area geografica comune potrebbe aiutarci a superare l’eurocentrismo e l’occidente-centrismo che hanno guidato il colonialismo vecchio e nuovo. Quello nuovo si chiama: delocalizzazione delle industrie sporche e nocive, estrattivismo, compravendita di quote di carbonio, land grabbing, diritti di proprietà sulle nuove tecnologie, dumping sociale ed altro ancora.

La “rivoluzione culturale e antropologica” di cui parla anche papa Bergoglio nella Laudato si’ inizia da una presa di coscienza delle cause profonde che producono impatti ambientali e sociali insostenibili. Vandana Schiva – che sarà con noi a Venezia – parla di “avidità”, mancanza del senso del limite, hybris prometeica, delirio di onnipotenza… Serge Latouche chiede di “uscire dall’economia”, ossia di smettere di ragionare in termini utilitaristici, accrescitivi.

Si può partire da ognuno di noi (stili di vita), ma bisogna anche cambiare le regole e i meccanismi.

 

  1. IMPEGNO PERSONALE. Quale sarà il suo impegno futuro per la diffusione di queste
    tematiche che le stanno a cuore? A quali progetti si dedicherà o si vorrebbe dedicare per
    valorizzare il suo contributo su queste tematiche?

Sono un collezionista e divulgatore di buone pratiche [P. Cacciari ha curato il volume: 101 piccole rivoluzioni, edito da Altreconomia. Ndr]. Alla base della società c’è una galassia di esperienze ispirate alla decrescita dell’impronta ecologica che stanno ad indicare una alternativa desiderabile e possibile alla dittatura della crescita economica. Penso ai gruppi di acquisto solidali, alle comunità energetiche e agricole, alle banche del tempo, ai cohousing e coworking, alle ciclofficine, alle botteghe equo e solidali, alle reti della piccola distribuzione, agli ambulatori e ai beni comuni autogestiti. Penso a tutte le forme di cooperative sociali, di comunità e ai distretti che organizzano filiere produttive corte. Penso anche alle mille forme di resistenza alla cementificazione e alle grandi opere inutili e dannose. Ma certamente bisogna cambiare anche le politiche economiche, urbanistiche e sociali. L’impegno che ci viene chiesto per realizzare una società della decrescita e della cura è ad ampio raggio e tutti possiamo portare un mattoncino.

 

Paolo Cacciari

Giornalista e attivista dei movimenti ambientalisti e sociali. Tra gli organizzatori dell’incontro di Venezia: Decrescita: se non ora quando?