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Transizione ecologica in agricoltura

Transizione ecologica in agricoltura

Quanto e quale cibo domani? La sfida della transizione ecologica in agricoltura

Alcune riflessioni di Fabio Pranovi che con Matelda Reho e Lucia Piani stanno lavorando da tempo alla transizione ecologica in questo ambito. L'agricoltura non solo sembra essere il settore più a rischio ma anche quello di maggiore rilancio vitale per le comunità. 

SFIDE 

Parlare, e soprattutto attuare, la transizione ecologica significa conoscere dove si è, sapere dove si vuole arrivare e definire come arrivarci. Questo è, se possibile, ancora più vero quando si affrontano gli aspetti legati alla “transizione agro-alimentare”.

Dopo l’emergenza pandemica, nel mezzo di una guerra annunciata, la questione della produzione di cibo, infatti, è assurta nuovamente alle cronache. Crisi del grano, chiusura dei porti, problemi legati alle dinamiche globali di approvvigionamento, hanno fortemente rilanciato questioni quali l’aumento delle rese agricole, l’utilizzo di OGM, insomma l’agricoltura industriale. Il tutto, in un contesto nel quale tutto spingerebbe verso scelta volte invece ad incrementare la sovranità alimentare delle comunità locali.

 

FATTORI CRITICI 

Transizione agro-alimentare significa, anzitutto, passare dal produrre ‘prodotti’ al produrre ‘cibo’. Per farlo è indispensabile ripensare non solo alle disfunzionalità sempre più evidenti dell’attuale modello di sviluppo, ma anche al fatto che quanto abbiamo messo in campo fino ad ora, si è rivelato sostanzialmente inefficace per innescare un vero cambiamento. È vero che molto si è fatto, che c’è molto fermento, i dati ci spingono all’urgenza nell’identificazione di nuove strategie realmente efficaci.

La domanda centrale è: Come convincere i piccoli e medi agricoltori ad affrontare una reale transizione? 

La risposta è semplice, bisogna tornare ad innamorarsi della terra/Terra. Per far questo è necessario lavorare sulla e per la bellezza (ci si innamora di ciò che ci colpisce, che ci piace, insomma di ciò che è bello).

 

IMPEGNO PERSONALE

Se le singole pratiche ecosolidali, in particolare quelle più innovative (CSA, Empori di Comunità, Sistemi Comunitari di Scambio, Patti, Filiere agro-alimentari alternative), non si inseriscono in una strategia più complessiva di trasformazione, di produzione, scambi e “formazione sociale” esistenti nei singoli territori, rischiano anch’esse di limitarsi a forme di “sussistenza” o al massimo di “resistenza” rispetto alla sussunzione da parte del sistema dominante e non di “liberazione” da esso. Questo chiama ciascuno ad un impegno concreto per attivare processi comunitari, in grado di essere trasformativi innanzitutto rispetto alle pratiche preesistenti dei singoli attori coinvolti e rispetto al territorio in cui tali esperienze sono inserite.